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  1. Settimana lavorativa di 4 giorni in Italia: pro e contro

Settimana lavorativa di 4 giorni in Italia: pro e contro

Natalia Stawiarska
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Lavorare meno per lavorare meglio? Produttività non significa solo ore trascorse in ufficio. La settimana lavorativa di 40 ore, a lungo considerata lo standard indiscutibile, è davvero il modello più efficace?

In questo articolo esploriamo il tradizionale schema di cinque giorni, le nuove alternative e i relativi vantaggi e svantaggi. Pronto a scoprire se la settimana corta rappresenta il futuro del lavoro?

Un po’ di storia…

Il rapporto dell’essere umano con il lavoro è cambiato radicalmente nel corso dei secoli. Inizialmente si lavorava solo quanto necessario per sopravvivere. Con la Rivoluzione Industriale, le fabbriche imposero turni massacranti che superavano le 70 ore settimanali, finché il movimento operaio non ottenne riduzioni progressive, prime fra tutte la giornata di 10 ore e, in seguito, di 8.

Negli anni ‘20, Henry Ford rese popolari i turni di 8 ore per migliorare l’efficienza delle sue catene di montaggio. In seguito, la Grande Depressione consolidò la settimana di 40 ore come standard, per contrastare la disoccupazione. Persino l’economista John Maynard Keynes ipotizzò che entro il 2030 saremmo arrivati a lavorare solo 15 ore a settimana, previsione che però non si è avverata.

Oggi alcune aziende sperimentano la settimana corta, ma come sottolinea l’economista Dan Hamermesh, una diffusione capillare senza un sostegno normativo resta difficile, perché il modello a 40 ore è ancora vantaggioso per molti settori.

Cos’è una settimana lavorativa ridotta?

Per “settimana lavorativa ridotta” si intende un orario compreso tra 32 e 37 ore settimanali, anziché le tradizionali 40. L’obiettivo è combinare efficienza aziendale e benessere dei dipendenti, concentrandosi sulla qualità delle ore lavorate più che sulla quantità.

Tra le formule più diffuse:

  • Settimana di quattro giorni (32 ore totali) – 8 ore al giorno, con uno in meno rispetto ai classici cinque, di solito a parità di stipendio.
  • 9-80 – 80 ore suddivise in nove giorni invece di dieci, guadagnando un venerdì libero ogni due settimane.
  • 9-72 – 72 ore in nove giorni, con un venerdì libero ogni due settimane, ma con un monte ore ridotto rispetto al 9-80.
  • Mezza giornata il venerdì – restare a tempo pieno dal lunedì al giovedì, liberando il venerdì pomeriggio.
  • Settimana di tre giorni – da 24 a 36 ore settimanali, a seconda delle esigenze aziendali.

Alcune imprese mantengono lo stesso stipendio riducendo l’orario, altre lo legano alle prestazioni o lo riducono in proporzione. L’idea di fondo è sempre la stessa: fare di più con meno, ottimizzando tempi e processi lavorativi, senza trascurare il benessere del personale.

Dove si lavora 4 giorni a settimana?

La riduzione dell’orario lavorativo è stata testata in vari Paesi, spesso con risultati positivi. Ecco alcuni esempi:

  • Islanda: Iniziato già nel 2015, un progetto pilota ha coinvolto migliaia di lavoratori, dimostrando che una riduzione dell’orario non compromette la produttività e migliora la qualità della vita.
  • Bolt (USA): L’azienda ha reso permanente la settimana lavorativa di 4 giorni dopo una sperimentazione avviata nel 2021. La decisione è stata supportata dai risultati: l’87% dei manager ha riscontrato produttività e servizio invariati, il 94% dei dipendenti ha espresso il desiderio di continuare.
  • Regno Unito: Oltre 60 aziende nel Regno Unito hanno sperimentato la settimana lavorativa di quattro giorni tra giugno e dicembre 2022. Il fatturato è rimasto stabile, i giorni di malattia si sono ridotti del 65% e i casi di burnout sono diminuiti del 71%. Più del 90% delle imprese ha confermato l’intenzione di proseguire.
  • Microsoft (Giappone): Con una settimana lavorativa di 4 giorni, la produttività è salita del 40%, invece i costi operativi sono diminuiti.
  • Unilever (Nuova Zelanda): Un progetto di 18 mesi ha mostrato una crescita del fatturato e una riduzione dell’assenteismo, spingendo l’azienda a estendere il modello anche in Australia. La sperimentazione in Nuova Zelanda ha portato a una crescita dei ricavi, un calo del 34% dell’assenteismo e un maggiore coinvolgimento dei dipendenti. Anche il benessere è migliorato: stress in calo del 33%, aumento del 15% della vitalità sul lavoro e riduzione del 67% del conflitto tra vita privata e professionale.

Altri esempi di una settimana lavorativa ridotta? Secondo i dati Eurostat, in Danimarca la settimana lavorativa è di 37 ore, in Francia la legge ne stabilisce 35 ore per ogni azienda senza distinzione di settore, mentre in Norvegia si ricorre spesso a un accordo di 37,5 ore. In Spagna invece l’orario è passato da 40 a 37,5 ore, mantenendo invariata la retribuzione.

La settimana corta in Italia

Nonostante l’Italia sia tradizionalmente legata al modello di lavoro di 40 ore, negli ultimi anni si sono mossi i primi passi verso orari più flessibili. Ecco qualche esempio:

  • Intesa Sanpaolo: Prima grande azienda italiana a introdurre, nel 2023, la settimana lavorativa di 4 giorni a 9 ore, mantenendo inalterata la retribuzione. L’iniziativa ha riguardato circa 29.500 dipendenti di governance e filiali. In un anno, il 70% degli idonei ha richiesto l’abilitazione e circa il 46% ha effettivamente usufruito della settimana corta.
  • Lavazza -"venerdì brevi": Dal 2023, Lavazza consente ai dipendenti della sede centrale di ridurre l'orario lavorativo a 5 ore per 15 venerdì tra maggio e settembre, con la possibilità di lavorare in Smart Working, mantenendo flessibilità nell'orario di ingresso (08:00-09:30).
  • Lamborghini - l’azienda introduce turnazioni che alternano settimane di 4 e 5 giorni, offrendo venerdì liberi a rotazione. In questo modo l’azienda promuove una gestione più flessibile degli orari, conciliando produttività e benessere dei dipendenti.
  • Luxottica - l’azienda consente ai dipendenti di avere 20 giorni liberi all’anno (soprattutto di venerdì) coperti in gran parte dall’azienda e senza tagli allo stipendio.

La cultura manageriale, la contrattazione collettiva e la natura di alcuni settori produttivi rappresentano sfide importanti. Tuttavia, le prime esperienze positive dimostrano che anche in Italia esiste spazio per innovare gli orari di lavoro.

Pro e contro della settimana lavorativa corta

La settimana lavorativa di quattro giorni, o più in generale un orario ridotto rispetto alle tradizionali 40 ore, suscita sempre più interesse tra aziende e lavoratori. Da un lato, risponde all’esigenza di conciliare meglio lavoro e vita privata; dall’altro, richiede un ripensamento radicale dell’organizzazione aziendale. Ecco una panoramica dei principali vantaggi e svantaggi di questo modello.

I vantaggi della settimana lavorativa corta

  1. Miglioramento del benessere

Lavorare meno ore può contribuire a ridurre il rischio di burnout e ad aumentare la motivazione. Con più tempo a disposizione, i dipendenti possono gestire meglio impegni personali, dedicarsi ad attività ricreative e mantenere un equilibrio psico-fisico ottimale.

  1. Maggiore attrattiva per i talenti

Un orario più flessibile e l’opportunità di godere di giorni liberi aggiuntivi rappresentano un forte incentivo per i professionisti in cerca di aziende innovative. Ciò può tradursi in una riduzione del turnover e in una crescita della reputazione del datore di lavoro.

  1. Aumento della produttività

Diversi studi indicano che la produttività non dipende esclusivamente dal numero di ore lavorate. Al contrario, un impegno più concentrato in un periodo di tempo più breve può stimolare una migliore organizzazione, un’attenzione più intensa e un uso più razionale delle risorse. 

  1. Risparmio di risorse

Meno giorni di apertura o di presenza in ufficio possono significare costi energetici ridotti, minori spese di trasporto e, in alcuni casi, una razionalizzazione dei servizi interni.

Gli svantaggi della settimana lavorativa corta

  1. Limitazioni settoriali

Non tutti i settori possono permettersi di comprimere l’orario di lavoro senza conseguenze. Ambiti come sanità, trasporti o logistica richiedono un presidio continuo, rendendo la settimana corta più complessa da attuare.

  1. Non soddisfa tutti i lavoratori

Alcune persone preferiscono mantenere una routine su cinque giorni o incrementare il salario con gli straordinari. Per loro, passare a un orario ridotto potrebbe non essere la soluzione ideale.

  1. Possibili costi aggiuntivi

Nei contesti in cui i turni sono lunghi o non facilmente modificabili, le aziende potrebbero dover sostenere straordinari o assumere più personale per coprire le ore mancanti, incidendo sui costi totali.

  1. Riorganizzazione complessa

Introdurre la settimana corta comporta spesso una revisione di processi, calendari e modalità di lavoro, richiedendo investimenti in tecnologia, formazione e gestione del cambiamento.

Settimana lavorativa da 4 giorni: è davvero il futuro del lavoro?

L’idea di ridurre l’orario settimanale sta guadagnando terreno, soprattutto in un contesto di trasformazione digitale, sostenibilità e rinnovate esigenze di work-life balance. Tuttavia, la sua effettiva diffusione su larga scala dipenderà da più fattori: la capacità di adattarsi ai singoli settori, la disponibilità di risorse per riorganizzare i processi e, non da ultimo, la volontà di valorizzare il benessere come leva strategica per la competitività.

In definitiva, la settimana corta offre interessanti opportunità sia per i lavoratori, in termini di qualità della vita, sia per le aziende, in termini di attrazione dei talenti e incremento della produttività. D’altro canto, la sua implementazione non è priva di sfide, soprattutto per quelle imprese che operano in settori con esigenze di servizio continuo o che non dispongono di risorse sufficienti per rivedere a fondo la propria organizzazione. Come per ogni innovazione, la chiave del successo sta nelcalibrare le necessità produttive con la capacità di salvaguardare la salute e la soddisfazione di chi lavora.

La settimana lavorativa corta non è un semplice trend, ma riflette un cambiamento profondo nel modo in cui concepiamo il lavoro e il benessere individuale. Che si tratti di 32, 36 o 37 ore, l’approccio “meno tempo, più qualità” sta guadagnando terreno in diversi settori e Paesi.

La vera sfida è trovare l’equilibrio tra necessità aziendali, sostenibilità economica e benessere del personale. Non esiste una soluzione valida per tutti: ogni realtà deve valutare la propria struttura, i processi interni e le esigenze di chi ci lavora. Una cosa però è certa: la conversazione sugli orari di lavoro ridotti è ormai aperta e non potrà più essere ignorata.

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